In questo video ti voglio ancora parlare di un concetto che ricorre spesso quando si parla di malattia: essere un guerriero, un combattente in lotta contro la malattia. Il suo contrario è considerarsi una vittima senza speranza.
Quello che ti propongo è una via diversa: accettare la malattia ma non consentirle di prendere il sopravvento. Puoi scegliere infatti di cercare la migliore versione di te accettando la sfida che la malattia ti lancia.
IL MIO PUNTO DI VISTA
Come ho detto più volte anche in altri articoli, io non amo particolarmente questa espressione, “un guerriero, un combattente in lotta contro la malattia” in quanto a mio avviso tutto ciò dà ancora più forza alla malattia, implica spesso rabbia, stress, sconforto… tutte cose che non ti aiutano nella gestione del tuo percorso.
Io preferisco affermare che sto scorrendo con la malattia.
Ma questo non significa assolutamente che non reagisco, che resto passivo in balia delle onde.
Lo dico spesso: per me la vita è come un fiume che scorre e la malattia non è che un momento di questo scorrere.
Sulla mia barca poi è salito un oscuro passeggero, si è messo al timone e pretende di stabilire lui la rotta. Ma la barca è mia ed è mia la possibilità di scegliere in quale direzione andare.
Ed è fondamentale che comprendi che quando sei spinto con le spalle al muro da una situazione importante come può essere una malattia, hai sempre la possibilità di reagire al di là dei tuoi comportamenti abitudinari, al di là delle tue convinzioni limitanti.
Esiste una possibilità che molte persone non prendono nemmeno in considerazione ma che può fare la differenza tra essere una vittima oppure un avventuriero: ed è l’atto del rifiuto.
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COSA È IL RIFIUTO?
Rifiutare non significa negare la malattia, significa accettarla ma non acconsentire che prenda il sopravvento in ogni aspetto della tua esistenza come se fosse già tutto stabilito.
È una presa di posizione inequivocabile, esattamente come quando ti impegni a dire di sì a qualcuno e generi azioni coerenti per mantenere il tuo impegno.
Dire di no è un modo di assumersi la responsabilità di creare un cambiamento: riconosci le forze che hai dentro di te e decidi di usarle nel modo più appropriato per ottenere un beneficio, una evoluzione.
Culturalmente il rifiuto ha quasi sempre una interpretazione negativa.
Rifiutare un ordine, un comando di un genitore o di un insegnante non è mai visto come un tentativo di un individuo di assumersi la responsabilità di cercare una soluzione alternativa per risolvere un problema.
Così abbiamo imparato che davanti alle forze più grandi di noi, è faticoso, difficile, doloroso rifiutare con fermezza. Pochi riescono a farlo. Serve avere una grande determinazione, una mente forte e sicuramente anche del coraggio.
L’educazione ci consiglia di abbandonare, di desistere. Il percorso è tracciato, inevitabile. Già tutto stabilito. Malattia, disabilità, isolamento.
COSA OTTIENI IN CAMBIO?
Rifiutando, non accetti quello che lo stereotipo ti suggerisce di essere.
Non significa negare la malattia, ma al contrario accettarla e conviverci a modo tuo, cercando nuove strade di realizzazione per celebrare la tua vita, che è la cosa che conta.
Sei finalmente disposto a cercare un cambiamento, un primo passo verso un tuo nuovo benessere psicofisico che puoi solo ottenere attraverso un nuovo atteggiamento positivo.
Questa attitudine ti porta a cercare nuove soluzioni, a provare diete, a fare esercizi e la fiducia aumenta quando sei in grado di far fronte alle difficoltà con la tua propria forza, il tuo potenziale interiore.
Io alla maschera dello sconforto preferisco la bandana del pirata.
Tu cosa preferisci?
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