Altro giro in ospedale per la mia terapia, una somministrazione semestrale del farmaco che tiene a bada il mio compagno di viaggio.
Non sono abituato a non agire, a non occuparmi in prima persona del mio oscuro passeggero. Ho l’impressione che affidandosi esclusivamente alla medicina divento inerme, passivo e smetto di ascoltare quello che la vita mi sta dicendo.
Sgombriamo subito il campo da eventuali fraintendimenti: non sono né contro la cura farmacologica né contro la ricerca e ho un ottimo rapporto con il mio neurologo.
E poi sono qui, come testimonia la foto.
Tuttavia dedico a questo aspetto mediamente solo cinque o sei giorni all’anno, mentre nei restanti 360 giorni metto in campo tutto quello che ho sperimentato e acquisito nel corso della mia vita.
Questo perché sono convinto che siamo la somma di tutte le nostre esperienze e questa conoscenza assimilata non va assolutamente messa da parte. Mai.
Se ti affidi solo all’aiuto che ti può arrivare dall’esterno, viene meno la tua autodeterminazione. Cancelli tutto quello che sei, il tuo spirito di sopravvivenza che ti sta dicendo adesso che sei molto meglio di ciò che la malattia ti fa credere di essere.
Oggi è così. Ne approfitterò per confrontarmi con gentilissimo personale medico che mi assiste in ospedale. Racconto loro la mia esperienza da malato e raccolgo la loro preziosa testimonianza dall’altra parte della barricata.
Da domani si ricomincia:
- meditazione
- esercizi di respirazione
- docce fredde
- cura dell’alimentazione
- esercizio fisico
- piscina
Sono tanti gli strumenti che abbiamo e che possiamo mettere in campo con la nostra determinazione. Non trovi?
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